L' addio sofferto di Caruso a Gennaio è stato ben assorbito grazie alla società che ha proseguito per la sua strada e a Canzi che ha puntato sul gruppo che aveva creato.
Come un fulmine a ciel sereno è arrivata la notizia che Arianna Caruso, dopo tanti anni, lascia la Juventus Women per approdare alla corte del Bayern Monaco.
Le tedesche pagheranno la clausola rescissoria per cui la Juventus non può farci nulla, a maggior ragione considerando che la giocatrice ha deciso di accettare.
Sgombriamo subito il campo: quello di Arianna non è un tradimento come qualcuno lo sta facendo passare soprattutto sui social.
Mettiamoci nei suoi panni: ha una grossa opportunità, quella di finire in uno dei club più forti al mondo, in un campionato più competitivo e un ritorno economico che la Juventus Women non poteva garantirle.
Nel calcio femminile gli emolumenti non sono come quello maschile.
Per capirsi: un giocatore che prende per dire due milioni se ne guadagna tre da un’ altra parte la vita non gli cambia e allora magari l’ affetto può prendere il sopravvento, ma una giocatrice che prende uno stipendio pur buono ma pressappoco come un lavoratore di medio alto livello se da un’ altra parte prende il doppio la vita le cambia eccome.
Alisha Lehmann ha detto che parla spesso con il compagno Douglas Luiz di questo:”Facciamo lo stesso lavoro e io prendo 1/100 di lui”.
Logicamente dipende dal seguito e dagli sponsor che di conseguenza portano soldi per 100/200 volte.
Ma Arianna va considerata come una lavoratrice: se voi lavorate per un’ azienda cui siete legati ma un’ altra vi offre il doppio per fare le stesse cose e oltretutto vi darebbe più visibilità e prestigio direste di no?
Arianna non ha tradito nessuno ma, come ha detto Canzi, va solo ringraziata per quanto dato in questi anni alla causa bianconera e le va fatto un sincero in bocca al lupo.
Ha ragione Canzi, Caruso va solo ringraziata, il suo non è un tradimento (foto Juventus.com).
Ma il suo addio, alla luce di quanto detto sopra, impone una riflessione più ampia su tutto il movimento.
Il gap che il calcio femminile italiano ha con altre nazioni europee è immenso.
E non è questione tecnica perché in Italia talenti ne abbiamo e i risultati della nostra Nazionale che ora se la gioca con tutte mentre una volta, a parte qualche exploit, era vittima spesso di debacle, lo testimoniano.
Il gap è economico. Nel maschile lo abbiamo soprattutto con la Premier, nel femminile con molti altri paesi.
Determinate squadre possono garantire alle loro giocatrici ingaggi che da noi sono puramente utopia e quindi prendere atlete molto forti e la Juventus lo ha visto in Champions League.
Il professionismo là non è solo sulla carta ma è reale.
Il rischio che corre non solo la Juventus Women ma tutto il movimento è che i talenti più forti abbandonino la Serie A per andare all’ estero rendendo il nostro un campionato povero.
La dirigenza bianconera per ovviare va nei college americani a cercare talenti, ma se poi queste si affermano le perde, vedi Grosso e Echegini.
Julia Grosso è stata valorizzata dalla Juventus Women poi persa e così si rischia per molte altre.
Però fino a ora mai era capitato in Italia, pur essendo andate all’ estero già diverse giocatrici, che il capitano e simbolo della squadra di vertice facesse questo passo.
Urge quindi una riflessione.
Se si vuole far crescere la Serie A femminile vanno fatte scelte puntuali e improcrastinabili a livello di movimento che possano portare visibilità e interesse.
Altrimenti le nostre società saranno sempre di fatto satellite dei grandi club europei e magari un domani la Cantore di turno la vedremo con una maglia di club non italiano.
Ci auguriamo che qualcuno ci pensi.
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